L’aspetto di questa sala già denominata “degli Svizzeri” dal corpo di guardia pontificio cui essa era destinata è quello conferito dai restauri della metà degli anni trenta del Novecento diretti da Guido Zucchini, ricordati dalla scritta dipinta alla base del fregio della parete di fondo.
Il soffitto fu rifatto e dipinto dal pittore Giovanni Costa integrando con motti, simboli e stemmi moderni quanto era rimasto di un lacunare seicentesco e delle antiche travature.
Il fregio seicentesco, assai danneggiato dalle centine di volte costruite in epoca successiva e dai lavori di restauro condotti alla merlatura della facciata nel 1877, fu restaurato con ampie integrazioni dai pittori Antonio Maria Nardi e Alberto Negroni. Esso è ricordato dallo storico dell'arte del diciassettesimo secolo Cesare Malvasia come opera di Giovanni Luigi Valesio, allievo dei Carracci, attivo anche come incisore e miniatore degli Anziani, una delle magistrature che amministravano Bologna, e dello Studio.
E’ suddiviso in riquadri architettonici da cui si affacciano figure femminili, personificazioni di Virtù, alternate a Telamoni monocromi, secondo un filone di gusto decorativo ancora radicato nella tradizione pittorica carraccesca e filtrante l’allegorismo diffuso nella seconda metà del Cinquecento da repertori eruditi del patrimonio figurativo umanistico, quale in particolare l’Iconologia Ripa. Nei gruppi araldici delle pareti minori la compresenza degli stemmi delle massime cariche a quelli della città di Bologna consente di datare il fregio al 1611; vi figurano lo stemma del cardinale Maffeo Barberini, futuro papa Urbano ottavo, che fu legato a Bologna in quell’anno (parete d’ingresso), quello del vicelegato Lorenzo Magalotti, di papa Paolo quinto Borghese e di Scipione Borghese, arcivescovo di Bologna (parete verso la sala 2).
Il committente fu forse lo stesso cardinal Barberini, che al suo arrivo a Bologna favorì il Valesio anche per un’importante commissione in San Domenico, poi subito trasferita dai frati a Guido Reni (affresco nell’abside del cappellone del Santo).
In questa sala era collocata in origine la statua in bronzo e lamina di rame raffigurante papa  Alessandro settimo Chigi che si trova ora in Sala Farnese, opera eseguita nel 1660 da un orafo di origine toscana, Dorastante d’Osio.
L’attuale collocazione risale al 1845, quando in occasione di una campagna di restauri fu recuperata dai musei universitari, dove era trasferita al tempo delle trasformazioni del Palazzo Pubblico avvenute nel periodo napoleonico.