Pietro Paltronieri detto il Mirandolese (Mirandola, Modena, 1673 - Bologna, 1741)
Vittorio Maria Bigari (Bologna, 1692 - 1776)

Serie di sette dipinti raffiguranti Rovine, 1724/1733
Provenienza: Palazzo Aldrovandi Montanari
Acquisizione: acquisto dell’Amministrazione Comunale, 2001

Questi sette dipinti furono realizzati nel XVIII secolo per palazzo Aldrovandi, poi Montanari, una nobile dimora dove sono sempre rimasti fino all'acquisizione da parte del Comune di Bologna, avvenuta nel 2001. Li ricorda per primo lo storico dell'arte locale Marcello Oretti, che nella biografia di Pietro Paltronieri detto il Mirandolese - artista stabilitosi a Bologna da Mirandola, il paese vicino a Modena dove era nato - ricorda "molte grandi prospettive a tempera" in casa Aldrovandi a Bologna.
La serie venne eseguita da Paltronieri in collaborazione di Vittorio Maria Bigari, che dipinse le figure, tra il 1724 e il 1733 (come si ricava dalle date scritte su due dipinti).
Bigari inoltre firmò il dipinto n. 6 (Veduta di rovine con fiume e chiesa gotica).
Il Bigari fu l’artista ufficiale di casa Aldrovandi, dipinse all'interno del palazzo di famiglia cicli pittorici di grande importanza per la storia dell'arte bolognese e della città stessa e decorò la cappella di famiglia nella basilica di S. Petronio.
Ambedue gli artisti erano al servizio del cardinale Pompeo Aldrovandi (1668 - 1752), eminente prelato bolognese.
Dopo la sua elezione a cardinale nel 1734, sotto il pontificato di Innocenzo XII, Pompeo cominciò a trasformare la residenza nobiliare di famiglia, posta in strada Galliera, in una dimora moderna, sull’esempio dei più recenti e sfarzosi modelli francesi (Versailles e il Lussemburgo).
Mecenate e collezionista, egli amava circondarsi di personalità di spicco del mondo letterario e artistico bolognese e, durante la sua permanenza presso la corte pontificia (1708/1718), era entrato in contatto con l’ambiente della locale accademia letteraria di Arcadia.
Gli anni in cui furono realizzate le tempere segnarono il trionfo a Bologna delle grandi decorazioni di palazzi e ville; in esse continuò da un lato l'espansione illusoria dello spazio attraverso l'uso della quadratura, dall'altro furono inseriti elementi architettonici classicheggianti in rovina, reali o immaginari, seguendo una moda che iniziava ad emergere in questo periodo in Inghilterra, in Francia e in Italia, e che troverà nelle acqueforti di Giovanni Battista Piranesi la più alta espressione.
Nelle tempere Aldrovandi predominano infatti templi in rovina, urne, bassorilievi, colonne spezzate, statue, lapidi con scritte indecifrabili, con un’insistenza archeologizzante che potrebbe ben definirsi pre-piranesiana. Il confronto tra passato e presente è una costante.
I monumenti dell'antica Roma e del Medio Evo alludono ad una storia trascorsa e rimpianta, sulla quale tempo e natura hanno agito con il potere della distruzione, consegnando ai pochi uomini presenti, che si aggirano, sostano e conversano in questi paesaggi, un mondo di rovine.
Strettissimo è anche il nesso con la scenografia e la veduta per angolo dei Bibiena; l'apertura è verso la pittura di paesaggio di più stretta ascendenza classicista e naturalistica o verso le sue declinazioni preromantiche.
L’acquisizione di queste opere per le Collezioni Comunali non è solo un’espansione, anche se significativa del patrimonio museale.
Questa serie è estremamente significativa per la storia e l’arte di Bologna e allo stesso tempo costituisce un nuovo collegamento con la pittura di paesaggio di Vincenzo Martinelli e Giuseppe Valiani, sviluppatasi alla fine del 18° secolo (sala 16 o Boschereccia).